La storia della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro è assolutamente singolare e si fonda nel rapporto viscerale tra il popolo di Napoli e il proprio Santo protettore. La Cappella, che si trova all’interno del Duomo di Napoli, non appartiene, infatti, alla Diocesi, bensì ai napoletani. Varcato il cancello monumentale che la separa dal duomo, si apre uno spazio sacro governato da un organo laico: la cosiddetta Deputazione. Può sembrare strano parlare di miracoli, fede e laicità e in effetti lo è, ma questa è Napoli: una città che è riuscita a trasformare il culto per San Gennaro in un rito collettivo.
Nel 1526 Napoli era stremata da una lunga serie di flagelli: la guerra tra gli Angioini e gli Spagnoli, il Vesuvio che, tra eruzioni e terremoti, costringeva i Napoletani in una situazione di costante pericolo e, non ultima, una tremenda peste che aveva provocato la morte di diecine di migliaia di persone. I napoletani, ormai sfiniti, decisero di rivolgersi a San Gennaro con un voto pubblico affinché ponesse fine a queste calamità e gli promisero che, in cambio della grazia, gli avrebbero dedicato una Cappella senza pari. Fu così che, il 13 gennaio 1527 il popolo di Napoli, alla presenza di un notaio, s’impegnò solennemente con il Santo, chiedendogli l’intercessione per la cessazione della peste e firmando, in tal senso, un vero e proprio contratto. San Gennaro era considerato fisicamente presente attraverso le sue reliquie e davanti ad esse e ad altri tre notai, i componenti di una Deputazione appositamente costituita firmarono a nome della città.