L’Altare Maggiore racchiude il Tesoro più prezioso: sul retro si trova infatti la cassaforte che custodisce le ampolle con il sangue di San Gennaro. Il paliotto in argento che ne riveste il lato frontale è un’opera unica, uno dei più grandi capolavori del barocco napoletano, e rappresenta il ritorno a Napoli delle ossa del Santo, nel gennaio del 1497. Nelle pieghe di una prospettiva quasi teatrale, la storia di San Gennaro s’intreccia a scene di vita, fede e messaggi teologali, in un insieme dinamico dove il suo autore, Giandomenico Vinaccia si ritrae ben due volte.
Nelle pieghe di una prospettiva quasi teatrale, la storia di San Gennaro s’intreccia a scene di vita, fede e messaggi teologali, in un insieme dinamico dove il suo autore, Giandomenico Vinaccia si ritrae ben due volte. È la figura in piccolo sulla destra, che saluta come da un palco, e quella con gli occhiali tipici di chi lavorava l’argento. Al centro del paliotto, l’uomo a cavallo è l’Arcivescovo Carafa, fautore del rientro delle reliquie di San Gennaro dal monastero di Montevergine a Napoli. Non meno importante è la scena di San Gennaro che protegge Napoli dalla furia del Vesuvio, così come accadde il 16 dicembre del 1631, quando alle porte di Napoli, di fronte al sangue e al busto di San Gennaro, la lava si fermò, risparmiando la città.